Une nouvelle Attribution à Georg PETEL
2016
Les grands Artistes sont immortels.
Malgré son décès intervenu à l’âge de 33 ans Georg PETEL (1601/1602-1634) est appelé le 'Michel-Ange allemand' alors 4 siècles après sa mort son nom n’en finit pas d’être cité.
Les Experts et les Collectionneurs attribuent à Georg PETEL un nombre d’œuvres qui, s’ils les avaient réellement sculptées, lui auraient donné plusieurs siècles de travail. Ainsi, chaque fois qu’un beau Christ en ivoire de style baroque sort des tiroirs le nom de Georg PETEL est évoqué et les plus audacieux n’hésitent pas à lui attribuer l’œuvre même si l’iconographie affiche des caractéristiques attribuées généralement à une époque ultérieure.
C’est la Maison de Ventes Cambi située à Gênes qui s’autorise aujourd'hui à attribuer au Maître allemand un Crucifix qu’elle mettra en vente le 17 novembre 2016
L’Expert du lot attribue cette œuvre magistrale à Georg PETEL et la désigne comme An ivory Corpus Christi, Genoa 1622/24, Georg Petel (1601/02-1634). L’Expert fixe une date et un lieu précis pour la réalisation de ce Crucifix : Genoa 1622/1624 pour la raison simple que Georg PETEL fît un séjour à Gênes en 1622, une information qui se lit dans toutes les biographies consacrées à Georg PETEL.
Je vous invite à découvrir le long descriptif que l’Expert a libellé pour le Catalogue de la Vente du 17 novembre 2016. Ce descriptif est accessible à la page 90 du catalogue https://issuu.com/cambicasadaste/docs/349_0292?e=7528500/40195503 ou à la fin de cette page si vous peinez à télécharger le catalogue.
Le discours est bien rodé, il a néanmoins une immense faiblesse l'Expert ne fait référence qu’à des Christs attribués par d’autres Experts et il ne cite pas le seul Christ en Ivoire qui porte la signature du Maître allemand. Ce Christ en Ivoire est celui du Carmel de Pontoise où la signature de Georg PETEL y a été découverte lors de la préparation de son exposition au musée du Petit-Palais en 2004.
Ce n’est pas la première fois qu’une Maison de Ventes attribue un Christ en Ivoire à Georg PETEL.
-La Maison de Ventes Hampel a vendu le 17 septembre 2010 un Christ en Ivoire qu’elle a attribué à Georg PETEL.
-La Maison de Ventes Sotheby’s a vendu le 31/01/2013 un Christ en Ivoire qu’elle n’a pas attribuée à Georg PETEL mais avec lequel l’Expert a établi de réelles similitudes.
Sur l’image qui suit vous découvrirez ou redécouvrirez les 4 Christs que je cite avec, de gauche à droite :
1. Le Christ vendu par Sotheby’s New-York le 31/01/2013 sur lequel j’ai déjà publié quelques lignes de commentaires à cette page
http://ecrandenuit.fr/christs-dexceptions-mieux-que-georg-petel.html
2. Le Christ vendu par Hampel le 17/09/2010. Il est toujours en ligne sur le site internet de la Maison de Ventes
2. Le Christ vendu par Hampel le 17/09/2010. Il est toujours en ligne sur le site internet de la Maison de Ventes
https://www.hampel-auctions.com/archive-catalogue-detail.php?a=82&s=231&id=89379&la=de
3. Le Christ que va vendre Cambi le 17/11/2016 dont le descriptif complet est accessible à la page 90 du catalogue
https://issuu.com/cambicasadaste/docs/349_0292?e=7528500/40195503
3. Le Christ que va vendre Cambi le 17/11/2016 dont le descriptif complet est accessible à la page 90 du catalogue
https://issuu.com/cambicasadaste/docs/349_0292?e=7528500/40195503
Enfin,
4. le seul et unique Christ en ivoire signé et daté GEORGIUS/PETLE F./1621 conservé dans les collections du Carmel de Pontoise
Le rapprochement de ces 4 visages laisse entrevoir que le Christ vendu en 01/2013 par Sotheby’s New-York est très proche de celui qui sera vendu chez Cambi ce 17 novembre et qu’aucun des 3 Christs attribués à Georg PETEL ou même à son atelier ne s’apparente de près ou de loin au visage du seul Christ qui porte la signature du Maître allemand.
1.Le Christ en Ivoire vendu par Sotheby's New-York le 31/01/2013
2. Le Christ en Ivoire vendu par Hampel Munich le 17/09/2010
3. Le Christ en Ivoire vendu par Cambi Gênes le 17/11/2016
4. Le Christ en Ivoire du Carmel de Pontoise signé & Daté GEORGIUS/PETLE F./1621
Descriptif complet du Christ En Ivoire Vendu Par Cambi Gênes Le 17/11/2016 - Lot 1522 -
GEORG PETEL (1601/02-1634)
cm 53x51
AN IVORY CORPUS CHRISTI, GENOA 1622/24,
GEORG PETEL (1601/02-1634)
Euro 80.000 - 120.000
La magnifica opera eburnea, eseguita nel terzo decennio del XVII secolo dallo scultore bavarese Georg Petel definito il “Michelangelo tedesco” che, nella sua troppo breve esistenza, produsse opere dalla straordinaria qualità di gusto tardo-manieristico e proto-barocco, è documentata da una approfondita ricerca datata 1972 condotta dallo studioso e storico Francesco Negri-Arnoldi della quale riproponiamo i passaggi più significativamente esplicativi per una corretta collocazione storico-artistica e cronologica dello straordinario Corpus Christi:
« L’anno 1622 venne Giorgio Bethle da “Roma in Genova, do ve fu introdotto a G. Battista Poggi, la cui protezione molto giovolli. Perciocche avendo il Poggi osservati alcuni lavori di costui in avorio; conobbe che egli era un buon Artefice; onde il propose ad alcuni cavalieri di questa città, e principalmente al sig. Francesco Zoagli, per cui molto il Bethle opera. Tacer non debbo duezimmagini del Croci fisso fattegli in avorio, le quali tanto squisite riuscirono, che cer tamente in Italia poche ve n ‘ha eguali e niuna superiore. Elle si conservano presso gli eredi di questo medesimo cavaliere »
Così scriveva nel 1674 Raf faele Soprani nella breve biografia dello scultore tedesco, del1e, per l’attivita svolta da costui a Genova, voile inserire tra le «Vite » degli artisti genovesi.
Di tale attivita del Petel non resta tuttavia altra memo ria, nè sino ad oggi ci erano noti esempi della sua produzio ne del tempo all’infuori del gran de Crocifisso eburneo di Palazzo Pallavicino di Genova (siglato G.B. sul retro del perizoma) che, sulla scorta delle notizie for nite dal Soprani e dalla poste riore letteratura locale, si e cre duto poter identificare con uno dei due eseguiti dallo scultore te desco per Francesco Zoagli.
Questo viene infatti a docu mentare chiaramente un altro ca polavoro sinora ignoto dello scul tore tedesco, un altro grande Crocifisso eburneo, che per le sue caratteristiche tipica mente peteliane e per la sua pro venienza dalla dimora di antica famiglia genovese, potrebbe es sere identificato con il secondo dei due Cristi in avorio ricor dati dal Soprani come eseguiti dal Petel per il Cavalier Zoagli.
Tale opera, che si avvicina al Crocifisso Pallavicino per le di mensioni (em. 49 di alt.), per lo schema iconografico (Cristo agonizzante con il volto rivolto in alto a sinistra e i piedi in fissi da un solo chiodo) e per altri caratteri stilistici, si distin gue invece da quello per qualita tecniche e formali che si pengo no, non come negazione, ma co me logico, naturale sviluppo del le premesse stilistiche del prece dente.
E’ infatti evidente nel nostro Crocifisso, rispetto a quello PalIavicino, un’accentuazione violenta dell’espressione patetica, con piu insistente e penetrante studio del particolare anatornico, e piu spietata analisi realistica, spinta sino al dettaglio macabre e raccapricciante. E questo me diante l’uso di una tecnica del l’intaglio assai piu avanzata e che tocca l’apice del virtuosismo nella rninuziosa descrizione del piccolo teschio ai piedi del Cristo, di Cui si possono davvero contare tutte le ossa. Cio che ri chiama appunto la « maniera » dei piu celebri capolavori del l’arte matura del maestro.
Nel contempo e innegabile qui maggior peso della componente italiana, quanto mai evidente ad esempio nello sforzo di rag giungere, attraverso il «contrap posto », Ia torsione e Ia tensio ne musco!are della figura, una struttura rnichelangiolesca, e, per altro verso, mediante il tormentato modellato e gli effetti luministici, un pittoricismo di tipo berniniano. Elementi e caratteri tutti che smentiscono in pieno le passate attribuzioni dell’ope ra: dalla prima, tradizionale fa miliare, al Giambologna, all’altra piu recente allo scultore france se La Croix, e a quella, per cosl dire ufficiale, ad artista fiammin go « della seconda meta del sec olo XVII», con la quale il Crocifisso figurava all ‘Esposizione di Arte Sacra di Torino del 1898. Attribuzioni queste tutte egualmente errate, rna anche in dicative, poiche Ia prima, al Giambologna, sembra voler risa lire all’origine di quel tipo iconografico del « Cristo vivo » da cui il nostro Crocifisso indubbia mente discende, la seconda, al La Croix, coglie gli effetti im mediati dell’attivita genovese del PeteI (come ben mostra il Crocifisso di La Croix a Palazzo Rosso, che deriva indubbiamente da quello del Petel qui presen tato), e l’altra, a maestro fiammingo della seconda meta del xvii secolo, ne rileva il carat tere nordico e il concetto gia pie namente barocco, apparentemente inconciliabile con una data precoce come il 1622-23. E’ que st’ultimo d’altronde il caso di molti altri prodotti analoghi del la prima meta del Seicento, rna che ancor oggi vengono comune mente datati al sec. XVIII …
Nel contempo e innegabile qui maggior peso della componente italiana, quanto mai evidente ad esempio nello sforzo di rag giungere, attraverso il «contrap posto », Ia torsione e Ia tensio ne musco!are della figura, una struttura rnichelangiolesca, e, per altro verso, mediante il tormentato modellato e gli effetti luministici, un pittoricismo di tipo berniniano. Elementi e caratteri tutti che smentiscono in pieno le passate attribuzioni dell’ope ra: dalla prima, tradizionale fa miliare, al Giambologna, all’altra piu recente allo scultore france se La Croix, e a quella, per cosl dire ufficiale, ad artista fiammin go « della seconda meta del sec olo XVII», con la quale il Crocifisso figurava all ‘Esposizione di Arte Sacra di Torino del 1898. Attribuzioni queste tutte egualmente errate, rna anche in dicative, poiche Ia prima, al Giambologna, sembra voler risa lire all’origine di quel tipo iconografico del « Cristo vivo » da cui il nostro Crocifisso indubbia mente discende, la seconda, al La Croix, coglie gli effetti im mediati dell’attivita genovese del PeteI (come ben mostra il Crocifisso di La Croix a Palazzo Rosso, che deriva indubbiamente da quello del Petel qui presen tato), e l’altra, a maestro fiammingo della seconda meta del xvii secolo, ne rileva il carat tere nordico e il concetto gia pie namente barocco, apparentemente inconciliabile con una data precoce come il 1622-23. E’ que st’ultimo d’altronde il caso di molti altri prodotti analoghi del la prima meta del Seicento, rna che ancor oggi vengono comune mente datati al sec. XVIII …
L’attribuzione a Georg Petel di questa secondo Crocifisso ge novese mi sembra pertanto assai piu convincente. Essa poggia d’altronde sui riscontro di indiscutibili analogie e precise cor rispondenze con opere ricono sciute dal maestro tedesco, come ad esempio il citato Crocifisso eburneo deila Camera del Teso ro della Residenza di Monaco, ove ritroviamo tra l’al tro il modo singolare di pianta re il chiodo alia radice delle dita del piede, il tipico arricciamento serpentino delle ciocche di capelli sulla spalla, Ia crudele ma schera del volto stravolto all’ in dietro in uno spasimo doloroso che meglio converrebbe in veri ta al disperato sforzo di un Lao coonte ( certamente una delle fi gure che maggiormente impressionarono il Petel a Roma), piuttosto che alla rassegnata ago nia del Redentore. …”
Nonostante il quasi mezzo secolo trascorso dalla ricerca di Negri Arnoldi, le nuove conoscenze e mostre intercorse, riteniamo ancora assolutamente attuale, precisa e circostanziata la lettura critica e storica dello studioso che ci sentiamo di accettare e proporre .
Vedi: “ARTERAMA” Mensile di arti e scultura, numero 4-5 anno IV Aprile-Maggio 1972
Cfr. : “Van Dyck e il Cristo spirante” a cura di Luca Leoncini e Daniele Sanguineti, Museo Palazzo Reale Genova 2012
“Diafane Passioni. Avori barocchi dalle corti europee.” a cura di Eike D. Schmidt e Maria Sframeli Ed. Sillabe Firenze 2013
“Diafane Passioni. Avori barocchi dalle corti europee.” a cura di Eike D. Schmidt e Maria Sframeli Ed. Sillabe Firenze 2013